La dieta a Zona non è semplicemente uno degli innumerevoli metodi di dimagrimento che si trasmettono con il passaparola tra amici oppure che si diffondono oggi attraverso il web. La dieta a Zona può essere, infatti, definita come uno strumento per raggiungere il benessere psicofisico dell’organismo; una condizione dove non è importante solo perdere peso ed eliminare il grasso in eccesso, ma soprattutto raggiungere un ottimale stato di salute, anche in termini di prestazioni fisiche e mentali.
Ideale per chi pratica sport, ma anche per chi è più pigro e sedentario, la dieta a Zona è un metodo che va a influire sullo stile generale di alimentazione del singolo individuo, mirando a prevenire l’insorgere delle malattie che oggi colpiscono ampie fasce di popolazione, come le patologie cardiache, il diabete o l’ipertensione.
Lo stesso concetto di zona fa riferimento allo stato raggiunto dal metabolismo in cui l’organismo non avverte la fame e riesce ad essere efficiente e carico di energia. A elaborare e introdurre questa innovativa strategia alla metà degli anni Novanta è stato lo scienziato americano Barry Sears, biochimico, autore di molti libri di successo (editi in Italia da Sperling & Kupfer), che hanno reso questa dieta-filosofia uno dei regimi alimentari più seguiti al mondo.
Il regime della dieta a Zona non è però immune da critiche. Sono state, infatti, mosse molteplici critiche agli aspetti basilari introdotti da Sears. Per questo motivo, è assolutamente necessario documentarsi molto bene prima di iniziare questa dieta, leggendo almeno il primo dei volumi scritto dal biochimico statunitense. Ed è altrettanto fondamentale consultare il proprio medico di fiducia ed eventualmente uno specialista nel campo della nutrizione prima di intraprendere qualsiasi cambiamento significativo alla propria dieta di tutti i giorni. Questo consiglio è valido soprattutto per chi prende regolarmente dei farmaci.
Il pilastro su cui si fonda la dieta a Zona è il bilanciamento ormonale da ottenere attraverso la dieta alimentare. Il principio cardine è dato dal rapporto di equilibrio fra due ormoni: l’insulina e il glucagone, che agiscono in maniera diametralmente opposta.
L’ormone dell’insulina, infatti, ha il compito di abbassare la glicemia (il livello di glucosio del sangue), ma allo stesso tempo ha l’effetto di stimolare l’accumulo di grasso.
Il glucagone, al contrario, sollecita il rilascio del glucosio dal fegato nel momento in cui il fisico necessita di energia per compiere un determinato sforzo. Per intervenire sull’equilibrio tra questi due elementi, dobbiamo fare particolare attenzione alla quantità ma soprattutto alla qualità del cibo che si ingerisce.
Il focus di questa dieta non è più, dunque, la rigida riduzione dell’apporto calorico giornaliero, ma la diversa combinazione degli alimenti. Il cibo non è più identificato come una fonte di calorie, ma come una sentinella di controllo degli ormoni.
Sulla produzione di insulina in eccesso si può agire in un unico modo: ridurre l’assunzione dei carboidrati, i principali responsabili della glicemia. Quando, infatti, si ingeriscono troppe calorie, e in particolare carboidrati, il valore di glicemia nel sangue subisce un’impennata. Ciò provoca una reazione dell’insulina, pronta a trasformare le calorie in abbondanza in adipe. Per questo motivo, un altro concetto fondamentale nell’ambito della dieta a Zona è rappresentato dall’indice glicemico, relativo alla velocità con cui i carboidrati di uno specifico alimento vengono assimilati da un organismo.
Un secondo principio cardine nel funzionamento di questo regime alimentare è dato dal controllo degli ormoni eicosanoidi (una serie di ormoni generati a partire dai grassi essenziali, tra cui vanno annoverate le prostaglandine, definiti anche “superormoni” perché regolano molte funzioni organiche prioritarie, incidendo sul sistema immunitario e su quello nervoso, sulla coagulazione del sangue e sulla capacità infiammatoria).
Gli acidi grassi essenziali – Omega 3, Omega 6 ed Omega 9 – sono nutrienti che vanno necessariamente immagazzinati attraverso il cibo e costituiscono la base per produrre gli ormoni eicosanoidi. Esistono eicosanoidi “buoni “ed eicosanoidi “cattivi”, entrambi importanti per la regolazione delle funzioni vitali dell’organismo. La dieta a Zona si prefigge, ancora una volta, di equilibrare la produzione degli eicosanoidi antagonisti.
Cosa significa tutto questo nella pratica? Un’adeguata proporzione dei macronutrienti. La combinazione delle calorie derivate da carboidrati, proteine e grassi deve, infatti, sempre rispettare queste proporzioni: 40% di carboidrati, 30% di proteine e 30% di grassi. Questo schema deve essere riproposto sia nei tre pasti principali che nei due spuntini che andranno, complessivamente, a comporre i 5 pasti da assumere durante la giornata. Per questo, la dieta a zona viene anche chiamata dieta 40-30-30.
Per improntare una dieta a zona che tenga conto delle specificità di ogni singolo individuo, è innanzitutto importante raccogliere tre dati. Dati che fanno riferimento al peso corporeo, all’ammontare dell’attività fisica che si svolge e alla percentuale di massa magra. Esistono diverse tabelle e schemi disponibili in rete per misurare il proprio fabbisogno quotidiano.
Questi dati stabiliranno il numero dei blocchi che si possono assumere nel corso della giornata. La dieta a Zona, infatti, utilizza il sistema dei blocchi, ossia piccoli pacchetti di cibo con cui diventa più facile organizzare i pasti, imparando ad associare gli alimenti e ad applicare in maniera corretta le regole e i principi di questo regime alimentare.
Ogni blocco rappresenta un pacchetto ben preciso di cibo, che riflette le giuste proporzioni di carboidrati, proteine e grassi. Un blocco è composto, a sua volta, da 3 miniblocchi: 1miniblocco di carboidrati, di proteine e di grassi. Anche un semplice spuntino deve essere rispettare il bilanciamento 40-30-30.
C’è anche un altro metodo per praticare la dieta a Zona, comunemente definito metodo a occhio o della mano. Questo metodo non risulta ovviamente precisissimo, ma serve come utile punto di riferimento per chi mangia spesso fuori casa.
Si consideri il palmo della propria mano senza le dita: in larghezza e spessore, è il volume di proteine che si può assumere. A questo vanno aggiunti due pugni di carboidrati favorevoli – i cereali (orzo, farro, avena), le verdure (tranne patate, barbabietole, carote) e la frutta (sconsigliati però cachi, fichi e banane) – o un pugno dei cosiddetto carboidrati sfavorevoli come riso, pane, pasta e prodotti da forno
Esistono alcuni accorgimenti che devono essere tenuti ben in mente:
– Non devono trascorrere più di cinque ore senza assumere cibo. L’ultimo spuntino deve, in teoria, essere consumato prima di recarsi a letto, a meno che si non abbia cenato entro le due ore antecedenti
– Aiuta bere molta acqua, almeno 2 litri in totale, soprattutto lontano dai pasti
– Serve attenzione con succhi di frutta, superalcolici e anche vino, che va annoverato come carboidrato
– Anche il consumo di caffè va ridotto (e comunque non zuccherato). Meglio dirigersi verso
decaffeinati e caffè d’orzo
E’, infine, consigliabile associare il programma a zona con una, seppur controllata, attività sportiva. Se adeguatamente applicata, infatti, la dieta non dovrebbe portare a soffrire di attacchi di fame o cali di energia. Si ricorda, ad ogni modo, di variare gli alimenti assunti, tenendo presente che nessun alimento è davvero proibito nella dieta a Zona.
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